Ci siamo indignati per le immagini della connazionale Ilaria Salis in catene di fronte ai giudici ungheresi e abbiamo esultato per il ritorno in patria dell’ergastolano Chico Forti che ci ha trasmesso una narrazione edulcorata delle patrie galere. Preferiamo invece ignorare che cinquantadue persone dall’inizio dell’anno si sono suicidate nelle carceri italiane e non vogliamo saperne dell’infernale accatastamento di corpi nelle nostre prigioni, una condizione illegale che liquidiamo distrattamente come “sovraffollamento” abusando di un termine fuorviante molto più adatto alla calca domenicale nelle spiagge.
La nostra è ignoranza colpevole. Basterebbe informarsi per scoprire che non abbiamo alcunché da insegnare all’Ungheria di Orbán quanto al rispetto dei diritti umani: i nostri detenuti, infatti, vengono portati in tribunale con i ferri ai polsi e al guinzaglio, legati e rinchiusi dentro le gabbie dei furgoni della polizia Penitenziaria molto simili a quelle dell’accalappiacani. L’unica differenza è che i nostri prigionieri non possono essere ripresi o fotografati in catene: e che diamine, noi siamo un paese civile! I nostri detenuti sono in catene anche quando si tratta di andare all’ospedale, ma in ciabatte per questioni di sicurezza e -all’occorrenza- ammanettati alla barella.
Ignoranza e vuoto di empatia diventano “brodo di coltura”, ambiente ideale per la proliferazione di esternazioni surreali. Una delle ultime del ministro della Giustizia Nordio: "Siamo invasi da minorenni stranieri costretti a delinquere". Ha detto proprio così, come si trattasse dell’invasione delle cavallette, e nessuno del suo entourage, nemmeno per sbaglio, gli ha ricordato che l’aumento dei minori reclusi non è una calamità naturale bensì la conseguenza del decreto Caivano che ha introdotto nuove fattispecie di reato.
Non stupisce quindi che il decreto ribattezzato dal governo “carcere sicuro”, approvato dal Consiglio dei ministri dopo settimane di attesa, non contenga nulla di significativo. D’altra parte, il Guardasigilli l’aveva ribadito in più occasioni: “Non userò mai la parola svuota-carceri, è impropria e diseducativa”. Un provvedimento di clemenza per rientrare nella legalità è da demonizzare; rappresenterebbe “una sconfitta per lo Stato” secondo Nordio, mentre le morti per pena che oramai si contano a decine evidentemente sono fisiologiche.
Il DDL, che avrebbe la pretesa di risolvere l’emergenza umanitaria in cui versano le carceri, è un coacervo di norme inutili, niente di nuovo e concreto che possa incidere realmente sui trattamenti disumani a cui sono sottoposte le persone recluse. Dai rimpatri al minore ricorso alla custodia cautelare, passando per lo snellimento della procedura per la liberazione anticipata, sono solo proclami. Cose già viste. Ad essere ottimisti siamo di fronte ad iniziative che per essere realizzate richiedono tempo, come l’ipotesi di trasferire i tossicodipendenti in comunità delle quali si dovrà creare l’albo. Nulla di nuovo sotto il sole, una minestra riscaldata, e bollente, ad uso e consumo di un’opinione pubblica colpevolmente distratta. Con le calure estive salirà la tensione nelle celle infuocate dove spesso, oltre alla speranza, manca anche l’acqua. Non c’era bisogno del pannicello caldo con cui il Governo, in modalità pre-vacanze, innalza ulteriormente la temperatura. E ora che le carceri sono più sicure, via di corsa: tutti a sovraffollare le spiagge.