Carceri: La Russa promette un decreto per Natale

03 Dec 2025 Claudio Bottan

Premesso che Falbo e Alemanno, i due ‘cronisti da Rebibbia’, stanno facendo informazione in maniera puntuale e distaccata rispetto al proprio tornaconto personale, Ignazio La Russa probabilmente ignora che nelle carceri è consentito l’uso delle radioline, tassativamente analogiche. Quelle che funzionano a pile, e che i detenuti acquistano a caro prezzo dal ‘sopravvitto’: l’unica possibilità per rimanere connessi alla vita reale. Quelle radioline erano accese e sintonizzate su Radio Radicale, che trasmetteva in diretta un evento carico di aspettative. 
“Gianni Alemanno non ha mai chiesto la grazia perché ci tiene che questo lavoro venga svolto da lui e chi con lui ci crede, ma la mia presenza qui può servire a dare un altro piccolo canale per proposte concrete e immediate: prima di Natale, insieme, facciamo un appello perché qualcosa avvenga immediatamente, magari con un decreto o un provvedimento, senza nulla togliere a problematiche più ampie. Dalla giornata di oggi rivolgiamo un invito a chi ha potere e potestà di farlo di affrontare anche solo la ‘lampadina’ e non per forza guardare alla Luna, dando un po’ di respiro alle carceri al collasso facendo in modo che chi ha quasi interamente scontato la propria pena possa continuare a scontarla dentro di sé o in un altro modo”. Lo ha detto il presidente del Senato, Ignazio La Russa intervenendo alla presentazione del libro di Gianni Alemanno e Fabio Falbo ‘L’emergenza negata. Il collasso delle carceri italiane’, promosso da Nessuno Tocchi Caino alla clubhouse di Ceoforlife in piazza Montecitorio, a Roma. 

“L’edilizia potrebbe essere la soluzione per il sovraffollamento, però ci vuole tempo - e nel frattempo qualcosa comunque bisognerà fare-, ha continuato il presidente del Senato ammettendo implicitamente che non si tratta di soluzioni. E io vorrei cominciare ad avere la lampadina, la possibilità che i due autori di un libro come questo possano girare per far conoscere un problema vero e reale, perché farlo conoscere alla gente è la migliore pressione che possiamo fare verso il Governo”, ha concluso il presidente del Senato.

Sempre più spesso ascoltate dal terzo piano del letto a castello, le parole della seconda carica dello Stato sono piombate nelle celle accendendo speranze mai sopite. Da ex detenuto che conosce le dinamiche delle celle, immagino l’euforia, il chiasso, i coperchi delle pentole sbattuti sulle sbarre, i blindi che tremano e, soprattutto, le vane speranze che saranno oggetto di accese discussioni tra i corridoi delle sezioni e accompagneranno i detenuti ai passeggi: “Allora è vero, l’ha detto anche il presidente del Senato, entro Natale qualcosa succede”.
Massimo Lensi, scrittore e attivista, si sveglia presto la mattina e anticipa le riflessioni che non avrei scritto prima del terzo caffè: “C’è una cosa che ho sempre mal sopportato: prendere in giro chi sta scontando una pena in carcere. Ieri, il presidente del Senato La Russa, intervenendo alla presentazione del libro di Alemanno e Falbo sulla loro detenzione a Rebibbia — una sorta di Le mie prigioni in edizione aggiornata — ha dichiarato: “Proviamo con l’emergenza della bontà, un decreto immediato perché chi la pena l’ha già quasi interamente scontata possa magari continuare a scontarla dentro di sé o in un altro luogo”.
Sono pronto a scommetterci un’arancia, con la sincera speranza di perderla: ma non accadrà nulla, e l’emergenza della bontà (versione natalizia) finirà come sempre nel vuoto. Perché non è la bontà che fa girare la palla. Non può, e non deve esserlo. Non la bontà, ma la constatazione che punire in carceri indegne è contrario non solo alle nostre leggi, ma — per quanto suoni giusnaturalistico ricordarlo richiamando la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) — contrario ai principi generali del diritto riconosciuti dalle nazioni più civili.

Le condizioni di detenzione non interessano a nessuno: non è una novità. E quel richiamo alla bontà, alla concessione del sovrano sotto Natale, un’eco di amnistia Ancien Régime, poteva risparmiarselo. Oggi è il regime duro della punizione a vincere. Su tutto.Ripeto: spero di perdere l’arancia. Ma non prendete in giro i detenuti.
Dopo la consueta dose di caffeina mi arrivano le parole di padre Lucio Boldrin, cappellano di Rebibbia, che riportano alla realtà: “Questa mattina, per l’ennesima volta, ho dovuto fare il pompiere per spegnere gli entusiasmi tra le celle: coltivate la speranza, ma nessun ‘miracolo di Natale’”.
Qualcuno, tra gli illuminati esperti di carcere e giustizia, avrà messo in preventivo il rischio di disordini dovuti alle poesie natalizie?