Suicidi in carcere, l'indifferenza continua

06 Jul 2025 Francesco Lo Piccolo la sartoria, ma le macchine sono il più delle volte inutilizzate

Il suicidio nel carcere di Vasto (39mo dall'inizio dell'anno) è l’ennesima dimostrazione di un sistema che porta le persone alla disperazione. Un sistema che genera morte. Pur considerando che i suicidi sono fatti che attengono a problematiche personali, quando avvengono mentre la persona è nelle mani dello Stato, allora non si possono più definire suicidi. Troppo comodo deresponsabilizzarsi scaricando il problema alla “vittima”. Il carcere è invivibile, pura sofferenza. Oggi, non sentirsi addosso la responsabilità dei suicidi in carcere è la cosa più orribile che possa capitare a questa nostra umanità. Purtroppo oggi ci accompagna solo l’indifferenza.

L’uomo, magrebino di circa 40 anni, era arrivato a Vasto 20 giorni fa. Aveva problemi di natura psichica e si trovava presso l’Articolazione per la Tutela della Salute Mentale. Era nel reparto comuni dell’Istituto di Torre Sinello che ospita 103 persone compresi circa 50 internati in misura di sicurezza in base a una legge del 1930, vecchio retaggio illiberale del codice Rocco, dentro di proroga in proroga spesso perché senza una residenza fissa. Una pena senza fine. Un orrore come detto lo stesso arcivescovo Bruno Forte, “una istituzione che offende la Costituzione e che dovrebbe far vergognare una democrazia”.

L’istituto di Vasto ha 197 posti. Nessun sovraffollamento, al contrario stanzoni e sezioni vuote.  Personale comunque insufficiente: al lavoro ogni giorno una cinquantina di agenti di polizia penitenziaria (ma vanno considerate ferie, malattia e altro) su 95 previsti in pianta organica. Spesso sono costretti a fare anche tre turni di seguito. Di notte nei tre piani dell’istituto capita che ci siano solo cinque agenti, quando va bene. Educatori 4 anziché 5 come previsto. Sotto organico anche il personale medico, psicologi e psichiatri e questo pur di fronte a una popolazione detenuta molto problematica, con malattie mentali e psichiatriche anche gravi, con dipendenze di vario tipo (droga e alcol). Secondo i dati di Antigone, in una delle ultime rilevazioni era emerso che a Vasto c’erano 22  persone con psicosi, 38 con gravi disturbi della personalità, 25 sofferenti di  depressionei, 5 con diagnosi di disturbo bipolare.

L’istituto è molto grande, uno spreco e una contraddizione allo stesso tempo. Sottoutilizzato se pensiamo al problema del sovraffollamento: a Pescara i posti sono poco più di 250 e i detenuti sono a quota 401 (dato di qualche giorno fa), a Chieti i detenuti sono 147 i posti 79. E a Vasto, ripetiamolo, 100 detenuti per 197 posti. Ma anche altre le contraddizioni: c’è un laboratorio sartoria, con macchine industriali nuove di zecca per trenta lavoratori, in realtà ci lavorano - e non tutti i giorni - meno di 10 detenuti; anni fa sono state realizzate anche delle serre: potrebbero lavorarci una ventina e più di detenuti, ci lavorano solo due persone, un comune e un internato. Inutilizzata anche la birreria.. c’è un avviso pubblico per la sua gestione, ma non si avvia nulla. Tornando agli internati sono tutte persone con molte problematiche, gran parte fra i 50 e i 60 anni, ma ci sono anche persone di oltre settant’anni. E 12 di questi hanno invalidità al 100 per cento… e li hanno mandati in una “casa lavoro”. Luoghi inutili, luoghi di morte. Questo sono le carceri in Italia.