<p>Secondo le cronache “trovato morto” pare per impiccagione; le cronache aggiungono “nella afa rovente della cella”; sembrerebbe di origini albanesi, anni 47, in attesa di giudizio e entrato in carcere da poco; parlano del “caso” i sindacati della polizia penitenziaria; al momento non risultano dichiarazioni da parte delle istituzioni.<br />
Da 24 anni circa, ogni sei mesi, a commento dei rapporti semestrali sulle carceri di Bologna, avanziamo proposte di bonifica e azioni di miglioramento che allevierebbero le sofferenze della popolazione privata della libertà; nel nostro ultimo commento (stiamo aspettando il rapporto relativo al primo semestre 2024) abbiamo preso atto della proposte della ausl, su diverse questioni, tra cui quelle sulla drammatica situazione microclimatica e quelle sulla esclusione dell’uso delle bombolette di gas (il secondo mezzo suicidario utilizzato nelle carceri italiane).<br />
Stiamo dunque cercando di verificare cosa è accaduto dopo le indicazioni della Ausl; indicazioni che purtroppo non hanno il carattere vincolante di disposizioni/prescrizioni: ed è questo uno dei nodi che occorre affrontare con urgenza salvo l’intervento emergenziale e più rapido dei sindaci nella loro veste di autorità sanitaria locale (nelle more appunto di una “puntualizzazione” delle procedure in sede legislativa).<br />
Abbiamo più volte indicato la misura idonea per la Dozza: demolizione. <a href="https://drive.google.com/file/d/1giP3ZPIeselapuuO_rPzjyQtxxOq1Egi/view" target="_blank">Le nostre proposte (pubblicate sul n. 51 di Voci di dentro)</a> e le nostre reiterate richieste di avviare una istruttoria pubblica comunale sulla questione del carcere sono state ignorate dalle istituzioni.<br />
Ovviamente non esiste solo un problema di microclima fisico ma esistono numerosi altri fattori di rischio suicidogeno e per la salute in generale sui quali ci siamo più volte soffermati ; su questo ultimo tragico evento vogliamo avviare una indagine popolare e facciamo appello alle persone private della libertà ma anche agli “onesti” di qualunque collocazione sociale e soprattutto ad amici e familiari, di raccogliere e darci informazioni su quanto accaduto: cosa si è fatto per la prevenzione, se ci sono stati segni premonitori della condotta (è sempre prudente parlare di condotta “asserita”), come è stato condotto il monitoraggio del rischio suicidario , infine se pur valutando il tipo di accusa non fossero possibili misure alternative.<br />
Certo una persona privata della libertà di origini albanesi accumula diversi fattori di rischio in temini di solitudine e mancanza di supporto socio-familiare e infatti, come per tanti altri , le cronache dicono come fosse un pacco : “trovato” morto …”.<br />
* <em>Medico psichiatra, componente del “gruppo auto-aiuto carceri”</em></p>