
Dal carcere di Chieti: uomini in stand by
30 Oct 2024 Andrea Florio, Dimitrij Ranieri, Daniele di GiovanniRIFLETTENDO
Andrea Florio
Stavo pensando, come mi succede spesso, a cosa sta accadendo fuori, oltre questi cancelli. Penso alla guerra sui due fronti: Israele-Palestina e Paesi arabi da una parte e Russia-Ucraina dall’altra. Sto pensando alle manifestazioni nelle piazze italiane pro-Pal e le cariche dei poliziotti che mi ricordano il G8 di Genova. Sto pensando alla Meloni e al Parlamento italiano che appoggiano Israele e alle genti comuni che manifestano per la parte palestinese e mi accorgo che noi, le categorie di persone che vivono di busta paga, non siamo rappresentati in Italia da anni ormai. Sto pensando che se continuano così, se alle nuove elezioni negli Stati Uniti vincesse Kamala rischiamo una Terza Guerra Mondiale, che la Russia appoggia l'Iran e che la Russia è appoggiata da Corea, Cina e Trump che ha risposto a Zelensky che sarebbero arrivati agli armamenti ma sottolineando che comunque è amico anche di Putin…
Insomma, fuori da questi cancelli si vive un periodo pesante della storia mondiale e noi siamo qui dentro come in stand-by senza veramente renderci conto di cosa accade intorno a noi. Va bè, non che fuori in libertà siano tutti consapevoli, anzi, fuori sono presi dal Grande fratello e Temptation Island, e menomale che io in queste settimane ho trovato una persona con cui confrontarmi su questi argomenti e mi sento meno chiuso in questo posto sospeso e lontano dal resto del mondo che ci circonda.
QUELLA VOLTA A POGGIOREALE
Dimitrij Ranieri
Ho 26 anni, quello che voglio raccontare è la mia esperienza vissuta a Gennaio 2024 nel carcere di Poggioreale (NA), sono stato arrestato il 22 gennaio 2024 dai carabinieri di Torre annunziata (NA), la sera dell’arresto quando mi hanno detto la mia destinazione, quella del carcere di Poggioreale , mi è sembrato come se una lama di avesse trafitto il cuore, perché ho sempre saputo che il c.c. di Napoli è il peggiore d’Italia, ma viverlo in prima persona è stato un vero e proprio incubo, una delle cose è il sovraffollamento, in cella eravamo in 9, una cella spettrale, stretta che manco si riusciva a camminare; i miei compagni di cella, davvero persone buone, mi hanno aiutato, io non avevo nulla manco un paio di slip, mi hanno prestato tutto, con loro non mi è davvero mancato nulla, ma la paura di quel luogo era immensa. Non c’era nemmeno la doccia nel bagno della camera, erano docce comuni con acqua calda ad orari, dalle 15:00/17:00, poi in pieno inverno se volevi farti la doccia dovevi per forza farla con l’acqua fredda, e già questo è disumano. Ma la cosa che mi ha lasciato l segno nei cinque giorni di permanenza a Poggioreale, sono i suicidi in quei cinque giorni si sono uccise ben 5 persone, il più piccolo ritrovato con un cappio al collo, aveva solo 18 anni.
L’ora d’aria era 2 ore, un’ora la mattina e una il pomeriggio, ma ovviamente col freddo era impossibile andarci. In cella c’era solo un termosifone ed era caldo solo metà, mi coprivo solo con una coperta di lana. Siccome morivo di freddo ho chiesto all’assistente una coperta in più, la sua risposta è stata “non mi scassare il cazzo, muret e frid un e men”. Le carceri dovrebbero essere un luogo di rieducazione, ma non è così purtroppo, per come vengono trattati i detenuti dagli appuntati, con atteggiamenti arroganti, e senza rispetto come se i detenuti fossero davvero delle bestie, lasciati trasandati, lasciati soli da tutti, lasciati davvero come bestie in un recinto al loro destino!
IL TEMPO IN CARCERE
Daniele Di Giovanni
Tutti pensano che il tempo possa essere misurato semplicemente tramite un orologio, tramite il ciclo solare o il meteo; beh sappiate che per noi detenuti il tempo è flessibile, è un nemico continuo da combattere, rallenta quasi fino a fermarsi. Nella mente corrono e scorrono immagini, ricordi e domande che devi riportare e adattare alla realtà, è devastante! Come si può contrastare il tempo, o meglio, come si può regolare la propria mente al lento scorrere della carcerazione? Non si può... io ci provo così.
Sono un ragazzo di 40 anni, sono in carcere da più di 5 anni e combatto con il tempo ogni giorno. L'unico conforto, l'unico respiro di libertà lo trovo in quell'ora e 30 minuti di colloquio a settimana e le 2/3 chiamate che mi vengono concesse. Quello che scaturisce in me è difficilmente descrivibile. Nelle ore precedenti al colloquio, ad esempio, mi assale un'ansia tremenda, un'ansia somatizzata, perdo completamente la cognizione dello spazio e del tempo. La sudorazione e il respiro "si fermano".
Aumentano i battiti del cuore e poi in un attimo infinito mi ritrovo lì seduto davanti alla mia unica ragione di vita. Immobile. Pulito. Ovvero davanti alla donna che amo. Questo tempo (colloqui) vola via in un attimo, in un batter d'occhio. Prima di trovare le parole giuste per dirle "ti amo", odo l’agente dire "fine". L'agente che chiama, colloquio finito. Per le chiamate valgono le stesse regole ed hanno gli stessi effetti, 10 minuti uguale 10 secondi. Proviamo a guardare ora il lato positivo. Cosa ci lasciano questi momenti? So solo che per me sono momenti unici che solo chi soffre per la detenzione può apprezzare, piccoli gesti, abbracci, una singola carezza e quelle parole d'amore che vengono dette... e sei li che per ore e giorni ti gironzolano nella mente, si ripresentano a forza anche nei giorni successivi, le fai tue e da lì che subentra la forza dell'amore ... quel sentimento astratto ma concreto che ti fa tremare corpo e anima. E' quasi indescrivibile questa emozione, questo sentimento perché ognuno di noi lo vive a modo suo... per me è puro ossigeno di vita, vivo del suo profumo apprezzando tutto ciò che prima davo per scontato.
Pensiamo per un attimo alla vita quotidiana fuori da qui, dare o ricevere una carezza, un bacio, è quasi scontato giusto?
Beh da detenuto è un qualcosa di magico se si ama veramente. Ti trema l'anima e lo senti nel cuore. Scrivo ciò perché nella sofferenza questo tempo amplifica tutto sia a livello banale sia per le cose più serie, attendiamo settimane, mesi per un qualcosa, a volte si vive di illusioni ed è anche lì che il tempo si ferma. E' tiranno. Le delusioni, risposte inadeguate, intrappolate, le frustrazioni, vivere i malesseri, queste finte risate a volte forzate per un quieto vivere che tutto solo è tranne che vita. Sembra un teatro dove bisogna immedesimarsi in attore, protagonista, antagonista e recitare e, a volte, improvvisare e fare parte di un sistema che non ti appartiene. Il tempo cosa fa? Ti plasma in ciò che il sistema vuole dove per sistema intendo che: chi con terapie, chi diventando robotico, chi semplicemente rassegnandosi e chi come me non riesce a farsi una ragione.
E' il 20 ottobre 2024, è notte... cosa succede nella mia mente? Collego i pensieri, rifletto, ma nelle orecchie arrivano le parole trasmesse alla tv... c'è sempre, ma dico sempre quella voce che viene dal mio cuore, quel brivido che ti dà la ragione di vita... l'amore. E cosa fa la mia mente? ... pensa e ripensa, si pone milioni di domande, prova a darsi risposte ma alla fine restano solo incertezze. L'unica certezza è il battito del mio cuore e la persona che te lo fa battere!
Il tempo, la notte, solitamente la notte si dorme. Beh, a me è stato tolto anche quello... rivivo momenti e traumi vissuti in istituti, e niente neanche il tempo può cancellare tutte le lesioni riportate sia fisiche che celebrali, ed è qui che subentro nel raccontare la brutale aggressione che ho subito nel carcere di Viterbo da parte di 10 o più agenti di polizia penitenziaria in assetto anti sommossa. E' qui che continuo a pormi milioni di domande... perché tutta quella cattiveria? Perché devo avere spacchi e tagli in testa per tutte le botte date da quell'energumeno del sovrintendente e la sua squadretta?
Perché? E poi aggreditomi ed umiliatomi all'inverosimile tenendo conto che ero da 16 giorni in sciopero della fame, aggiungo che il peso riscontrato dall'area sanitaria (l'ultimo peso prima dell'aggressione) era di 76,7 kg per un’altezza di 187 cm, oserei dedurre persona innocua... a cosa è servito? Ecco cosa mi fa rivivere il tempo, è una lotta continua... lottare contro di esso che giorni dopo giorni mi mette davanti questi ricordi indelebili, traumi significativi e milioni di paure. Continuando a chiedermi "perché... perché a me?". Ad oggi a distanza di poco, più di 10 mesi dall'aggressione posso dire a gran voce che sono vivo per miracolo e ringraziare milioni e miliardi di volte la mia compagna che mi ha dato sempre la forza di non mollare facendomi restare sempre sul pezzo, combattivo, determinato, a volte ostinato ma sempre con l'obiettivo di tornare da lei, per tornare a viverci beh dal mio punto di vista concludendo il carcere non è vita, è solo il tempo per riflettere, rielaborare, carcere è trovare una soluzione evitando ulteriori problemi... attendo che l'incubo finisca... e ... vivere !!!