I media, il carcere e le violazioni dei diritti

16 Oct 2024 Redazione

Anche Voci di dentro ha partecipato al terzo festival della comunicazione sul carcere e sulle pene organizzato dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia. Nel carcere di Opera alla periferia di Milano venerdì scorso un centinaio di persone (giornalisti, volontari, pedagogisti, e altri) ha riempito la sala del teatro per discutere di informazione, deontologia, giustizia riparativa. Giornata intensa e ricca di spunti durante la quale da più parte e da più relatori sono state evidenziate le violazioni dei diritti da parte dei media e da parte dell’istituzione carcere a danno dell’opinione pubblica e delle persone detenute.
Mario Consani giornalista, componente dell’Osservatorio Carceri dell’OdG - Lombardia, ha elencato i numerosi protocolli a tutela dei dritti delle persone detenute a cominciare dalla Carta di Milano e ha mostrato come invece questi protocolli siano regolarmente violati. A cominciare dai titoli. I detenuti usufruiscono di misure alternative? La maggior parte dei giornali titolano “Scarcerati assassini e spacciatori”. Come pure sono violate tutte le altre raccomandazioni per non sollevare inutile allarme sociale e favorire il reinserimento di chi è stato in carcere. E naturalmente nessuna sanzione a chi non rispetta il codice deontologico, al massimo qualche buffetto sulla guancia. Insomma, un invito a un modo deontologicamente corretto di raccontare la pena.
Marcello Bortolato, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, ha parlato della legge Cartabia e della giustizia riparativa ponendo l’accento sul salto di paradigma, sulla rivoluzione copernicana, ovvero il passaggio da una giustizia punitiva a una giustizia che sana un torto, cioè fondata essenzialmente sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro. “La giustizia della riparazione - ha detto Bortolato - introduce nel sistema una dialettica tripolare: non c’è più solo lo Stato che punisce e l’autore del reato che subisce la pena. Ora c’è anche la vittima, non spettatrice e spesso vittima due volte, ma presente in prima per la ricomposizione del conflitto”. “Perché - ha precisato - la soddisfazione per pene molto alte ha vita brevissima”. E sulla stessa linea anche la relazione di Adolfo Ceretti Professore Ordinario di Criminologia e docente di Mediazione reo-vittima all’Università di Milano-Bicocca che ha parlato di giustizia come ricomposizione in opposizione a una giustizia che crea nemici e che divide anziché unire.
Donatella Stasio, giornalista, ha parlato di pena e Corte Costituzionale, e del volto del carcere che dovrebbe essere il volto di chi si prende cura e che opera per il reinserimento delle persone che hanno avuto una condanna e non quello che vuole reprimere, che rimuove i cattivi assecondando pulsioni vendicative. “Perché il carcere non è un campo di battaglia”. E proprio per questo, ha aggiunto Donatella Stasio, è “doveroso far rivivere la Costituzione in carcere, una Costituzione che parla di diritti, di dignità e di cambiamento”. “Perché - ha ricordato - la restrizione della libertà personale è restrizione della sola libertà personale: le altre libertà non dovrebbero essere toccate”.
Oltre a Laura Pasotti e Gabriele Morelli (podcast racconti da carcere), Susanna Ripamonti (Le nuove Carte Bollate), Stefano Natoli (Cronisti in Opera), Renzo Magosso (Opera News), Roberto Monteforti  (Non tutti sanno”),  al Festival è intervenuto anche Francesco Lo Piccolo, direttore di Voci di dentro, che ha evidenziato come il carcere abbia una forte vocazione antidemocratica e che tenda a sottrarsi al rispetto dei diritti. “Come giornalisti - il suo pensiero - è più che mai necessario rendere pubblico ciò che è pubblico, facendo in modo che i giornali realizzati in carcere da parte dei detenuti (ma anche quelli fuori) siano veri giornali di informazione, soprattutto liberi”. E a proposito dell’opinione pubblica sempre più forcaiola, Lo Piccolo ha detto: “Sono soprattutto i media, con la distorsione della realtà e la manipolazione, con l’etichettamento e il pregiudizio, che mettono i forconi in mano all’opinione pubblica, venendo meno al dovere di informare nel rispetto dell’etica del giornalismo… venendo meno a un principio cardine: portare conoscenza e migliorare questa società”.