Le frottole di Pinocchio-Travaglio

27 Jul 2024 Claudio Bottan

Con l’editoriale al vetriolo del 26 luglio il giustizialista Travaglio supera sé stesso in quanto a cinismo e tintinnare di manette: “il sovraffollamento delle carceri - dice -  è frutto di un equivoco autolesionista tutto italiano”; roba da “garantisti” nell’accezione spregiativa che contraddistingue i deliri estivi del megafono delle procure. E per dimostrare il suo teorema Travaglio si inerpica in un ragionamento che calpesta bellamente le legislazioni nazionali e sovranazionali: “l’Italia calcola i posti-cella in base alla legge del 1975 che fissa 9 metri quadrati per il primo detenuto e 5 per ciascuno degli altri. Invece il Consiglio d’Europa ne raccomanda almeno 4 per ogni recluso. E la Corte di Strasburgo considera inumano uno spazio pro-capite inferiore ai 3. Così un carcere sovraffollato in Italia non lo è nel resto d’Europa…”. Ovvia la considerazione del manettaro: “L’unica soluzione è costruirne di nuove (carceri) ma i garantisti non ci sentono”.

Un ragionamento che è una frottola: se non bastano le condanne della CEDU per il trattamento disumano e degradante equivalente a tortura riservato alle persone detenute in Italia, ci sono i dati recenti forniti da Antigone relativi ai reclami presentati dalle persone ristrette per ottenere un risarcimento per le condizioni disumane di detenzione. Nel 2023, ultimo anno per il quale il dato è disponibile, sono arrivate agli uffici di sorveglianza italiani 9.574 istanze per sconti di pena. Ne sono state decise 8.234 e di queste 4.731, il 57,5%, sono state accolte. Gli accoglimenti erano stati 3.115 nel 2018, 4.347 nel 2019, 3.382 nel 2020, 4.212 nel 2021 e 4.514 nel 2022. Come si vede, l’Italia viene sistematicamente condannata, dai suoi stessi tribunali, a indennizzare i detenuti per violazione dell’art. 3 della CEDU, essenzialmente per la mancanza di spazio vitale in cella, più che ai tempi della sentenza Torreggiani. In quel caso si parlava in totale di circa 4.000 ricorsi pendenti, con potenziale esito positivo, oggi siamo ad oltre 4.000 ricorsi accolti ogni anno. L'accoglimento di questi ricorsi è un segno evidente ed innegabile dell'invivibilità delle nostre carceri, e si tratta di numeri che sottostimano il fenomeno, dato che non abbiamo purtroppo dati rispetto ai ricorsi accolti dai tribunali civili. Numeri, fatti e non frottole.

Ma non è finita, dall’articolo di Travaglio-Pinocchio emerge che ogni altra ipotesi che contribuisca a deflazionare gli istituti penitenziari sarebbe frutto del buonismo degli “sciacalli” che si preoccupano dei morti in carcere dove, anzi, “I detenuti sono troppo pochi - scrive -  bisogna recuperare un po’ di efficienza repressiva per risolvere un 5% delle centinaia di migliaia di delitti impuniti e un po’ di certezza della pena”. Quella certezza della pena invocata ciclicamente dagli adepti del populismo penale che misconoscono l’art. 27 della Costituzione: “Le pene (e non il carcere come unica pena) non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”; gli stessi che “in Italia in carcere non ci va nessuno”.

Forse il povero Travaglio non sa cosa siano i diritti fondamentali e disconosce alcuni articoli della nostra Costituzione scritta da chi il carcere lo aveva vissuto e, pertanto, liquida il beneficio della liberazione anticipata di 45 giorni a semestre con uno sprezzante “indecente” buttando alle ortiche la funzione premiale che riveste. Di conseguenza, la proposta Giachetti-Bernardini di aumentare a 60 i giorni di decurtazione è un “libera tutti”, “svuota-carceri”, che mina la certezza della pena in un momento in cui la criminalità turba la sicurezza del Paese.

Affermazioni che avevamo già udito di recente per bocca del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari: “Il vero problema non è il sovraffollamento nelle nostre carceri, il vero problema è semmai una presenza straordinaria di soggetti che delinquono”. Bastano pochi dati a smentire queste baggianate. Secondo quanto riportato da un rapporto Censis a fine 2022, nell’ultimo decennio il numero delle denunce è diminuito del 25,4%. Nel 2012 in Italia erano stati denunciati 2.818.834 reati, nel 2021 sono stati 2.104.114, con una differenza di 714.720 delitti. Nell’ultimo decennio, secondo i dati, sono diminuiti drasticamente i crimini più efferati: gli omicidi volontari sono passati dai 528 del 2012 ai 304 del 2021 (-42,4%), e nell’ultimo anno in 32 province italiane - quasi 11 milioni di residenti - non è stato commesso neppure un omicidio. In calo anche la criminalità predatoria: tra il 2012 e il 2021 le rapine sono diminuite da 42.631 a 22.093 (-48,2%), i furti in casa da 237.355 a 124.715 (-47,5%), i furti d’auto da 195.353 a 109.907 (-43,7%).

E ancora. Risultati del Rapporto realizzato da Direzione Centrale della Polizia Criminale ed Eurispes- La criminalità: tra realtà e percezione. Il 61,5% dei cittadini afferma di vivere in una città/località che giudica sicura. Rispetto ai risultati ottenuti alla stessa domanda nella rilevazione effettuata dall’Eurispes nel 2019, aumenta la quota di quanti si sentono in sicurezza nel luogo di residenza (erano il 47,5%). La maggioranza dei cittadini affermano di sentirsi abbastanza e molto sicuri ad uscire da soli di giorno nella zona di residenza, complessivamente nell’83,3% dei casi. Le cose cambiano se si tratta di uscire nelle ore serali e il tasso di risposta positiva diminuisce (67,6%). La casa è il luogo in cui una fetta più ampia del campione si sente al sicuro (81%).

Nel frattempo, in una sovraffollata cella del reparto G 12 di Rebibbia Nuovo Complesso di cui avevamo parlato qui, si è impiccato un ragazzo di 30 anni, il sessantesimo dall’inizio dell’anno. Fatti e non frottole.

L'immagine di copertina è stata realizzata dai ragazzi in misura aternativa della redazione Voci di dentro di Chieti