Modena, quinto suicidio dell'anno

26 Sep 2025 Vito Totire Foto Francesca Fascione, reportage Camera penale di Pisa "Come sabbia sotto al tappeto"

Ancora morte a Modena. E’ una giovane di 24 anni, marocchino ed era appena giunto nella sezione “accoglienza” (si fa per dire). Trovato morto, pare, per impiccagione. Carcere, casa circondariale, istituto penitenziario: lo si chiami come si vuole ma la realtà è che le carceri sono ormai camere mortuarie e “fabbrica di suicidi”. Dopo la cosiddetta rivolta delle carceri di Modena un altro drammatico evento evidenzia e conferma che è l'istituzione totale in quanto tale ad essere mortifera e non i “detenuti cattivi”. Le cronache ricordano che quello dell’altro ieri a Modena è il quinto suicidio dell’anno nello stesso carcere e il 62° in Italia nel corso del 2025; il numero di morti, poi, per incuria e incapacità di presa in carico, è molto più alto; la speranza di vita e di salute delle persone recluse è gravemente compromesso dallo stato di cose presenti.
Oltre a questo, la Magistratura di Modena, respinta una prima istanza di archiviazione proposta dal pm, non si è ancora espressa in relazione alla morte di F.R. avvenuta nel febbraio 2023. Eppure quella morte si poteva e si doveva prevenire anche in rapporto all’uso sconsiderato che l’istituzione totale carceraria continua a fare delle bombolette di “gas da campeggio”.
Suicidi che evidenziano l’infondatezza assoluta del modo di vedere del ministro Nordio, che ovviamente, non ha nessuna competenza professionale ma anche nessuna progettualità in materia di prevenzione, e che confonde la strategia necessaria per la prevenzione del suicidio con una mera gestione custodialistica del rischio, gestione di infausta memoria manicomiale; il ministro ha infatti sostenuto che il sovraffollamento è un antidoto al suicidio e non ne è la causa. Di fatto il ministro non comprende o comprende ma rimuove per opportunismo politico che il problema non è garantire la sorveglianza a vista 24/24 ore della persona privata della libertà; il problema è invece mettere in campo una strategia complessiva e sistemica che vada alla radice delle motivazioni e delle cause della disperazione che conduce a gesti autolesivi e auto soppressivi. E questo approccio sistemico non può essere fondato su una controproducente overdose di psicofarmaci che hanno più effetti collaterali che vantaggi terapeutici; spesso, anzi, l’effetto terapeutico è, in quanto tale, uguale a zero.
Il ministro Nordio si presenti dimissionario alla camera dei deputati e consenta con le sue dimissioni un dibattito parlamentare sulla drammatica, disumana, non più tollerabile situazione delle carceri italiane; che questo dibattito si concluda con la adozione di linee guida vincolanti per la gestione dei penitenziari al fine di affermare finalmente il ruolo che la Costituzione attribuisce alla possibile limitazione della libertà personale senza debordare, come avviene oggi tutti i giorni, nell’abuso di messi di contenzione e nella tortura. E si riaprano i processi per la cosiddetta “rivolta” del carcere di Modena per giungere alla revisione delle incaute e infondate sentenze. La morte a Modena non è causata dai “detenuti cattivi” ma è generata dall’istituzione totale, come peraltro, è sempre accaduto.