San Vittore, il carcere dove è morto Youssef

08 Sep 2024 Luigi Mollo

San Vittore è il carcere più sovraffollato d’Italia: oltre 1.100 detenuti a fronte di 445 posti disponibili. Un terzo è minore di 30 anni, il 75% sono stranieri. San Vittore raccoglie gli ex minori stranieri non accompagnati che diventano adulti, molti di loro hanno problemi di salute mentale, hanno subito violenze, torture, hanno problemi di dipendenze, e il carcere non è il posto per raccogliere quelle fragilità. Poco distante c’è il minorile Beccaria, altro luogo di detenzione trasformato in discarica sociale: Tanti detenuti che potrebbero scontare parte della pena fuori dal carcere non lo fanno perché non hanno casa e provengono da situazioni di estrema marginalità. La situazione non è più tollerabile e il Ddl Nordio pare inservibile, forte con i deboli e debole con i forti. Detenuti che una volta varcati i cancelli dell’istituto di pena vengono letteralmente dimenticati, condannati a espiare una pena che dimentica qualsiasi percorso riabilitativo.
Quanto accaduto pochi giorni fa, con il suicidio di Youssef, giovane di 18 anni arrivato in Italia dopo il solito estenuante viaggio per l’Africa, dopo avere subito i maltrattamenti nei campi in Libia, dovrebbe invece indurci a qualche riflessione, appena diciottenne morto carbonizzato nella sua cella, era stato arrestato mesi fa per una rapina e in attesa di giudizio. Attualmente non si conosce la dinamica dei fatti, la sta ricostruendo la Procura di Milano, ma parliamo di un caso particolare, di un giovane considerato non condannabile, da minorenne, dopo una perizia psichiatrica che lo aveva dichiarato incapace di intendere e di volere. Per le sue condizioni di salute e la lieve entità dei reati il carcere non era certo il posto idoneo dove attendere il processo, la morte per soffocamento con il materasso forse bruciato come una forma di protesta contro il sovraffollamento e le condizioni di vita disumane. Il suo avvocato racconta che era arrivato con un barcone con piedi e mani legate, incapace di parlare, vittima di traumi che avevano provocato seri danni al suo sistema nervoso.
San Vittore ospita più del doppio dei detenuti previsti, un terzo dei quali in età inferiori ai 30 anni, i tre quarti non sono cittadini italiani, molti di loro hanno subito violenze inaudite che hanno compromesso lo stato di salute, eppure restano chiusi in celle sovraffollate dove le loro patologie non possono essere curate. Il carcere è lo specchio della società e quella in cui viviamo è sempre meno predisposta ad occuparsi della marginalità, dei meno agiati vittima com’è di logiche securitarie e disumane.