
I dubbi sulla morte in carcere di Patricia. Interrogazione di Ilaria Cucchi
13 Feb 2025 Claudio Bottan webSulla triste vicenda di Patricia Nike, la donna nigeriana deceduta al carcere Pagliarelli di Palermo di cui ci siamo occupati recentemente, sembrano esserci più ombre che luci. Un’unica certezza: la 54enne è morta in una cella del carcere palermitano il 12 gennaio, appena quattro giorni dopo avervi fatto ingresso trasferita dal femminile di Rebibbia. È arrivata in ambulanza ed è stata collocata in una cella con altre tre detenute, una delle quali le avrebbe dovuto fare da piantone per assisterla nei bisogni quotidiani. Non è stato necessario: il suo corpo malato ha ceduto presto.
Quali erano le reali condizioni di salute della donna al momento del trasferimento da Rebibbia? Solo una settimana prima era stata dimessa dopo un ricovero e rimandata in cella per poi, l’8 gennaio, partire per Palermo. Era nelle condizioni per affrontare il lungo viaggio? E, infine, al Pagliarelli avrebbe potuto essere adeguatamente assistita per le molte gravi patologie di cui era affetta?
A queste domande ha cercato di ottenere riscontri la senatrice Ilaria Cucchi con una formale richiesta di acceso agli atti rivolta ad entrambi i penitenziari ricevendo “risposte poco esaustive e prive delle cartelle cliniche”. Dalla direzione del carcere di Rebibbia precisano che “per via del grave sovraffollamento, avevano richiesto il deflazionamento delle detenute, con conseguente provvedimento di assegnazione in altro istituto”. Per cercare di fare chiarezza Ilaria Cucchi ha presentato una dettagliata interrogazione parlamentare rivolta ai competenti Ministri. “La direttrice del carcere di Palermo, nel novembre 2024, lamentava alla stampa il grave sovraffollamento della struttura, con una presenza di circa 1400 detenuti su una capienza massima di 1000, qual è il senso del trasferimento della donna da un istituto ‘gravemente sovraffollato’ ad un altro nelle medesime condizioni?” si legge nel documento.
"La detenuta pare fosse affetta da gravi patologie e in una nota la direzione di Rebibbia afferma che al momento della partenza fosse in condizioni di affrontare il lungo viaggio – dice il garante Pino Apprendi - Ilaria Cucchi nella interrogazione chiede ai ministri cosa intendono fare per accertare quali fossero le condizioni di salute della detenuta prima della partenza e, più in generale, quali iniziative intendano intraprendere i ministri, ciascuno per quanto di propria competenza, per superare il sovraffollamento degli istituti di pena e garantire il pieno diritto alla salute a tutti i detenuti".
L’interrogazione di Ilaria Cucchi, tra l’altro, mira anche a “sapere se sia stata eseguita o si intenda eseguire l’autopsia e se sia stata data degna sepoltura alla donna e dove”. Un dettaglio non da poco quest’ultimo premesso che, a quanto risulta, nell’immediatezza del decesso non sarebbe stata informata né la famiglia né l’ambasciata nigeriana a Roma.
Di Patricia Nike sappiamo ben poco, probabilmente quello non è neppure il suo vero nome stando a quanto trapela dalla comunità nigeriana. Un fantasma, l’ombra di una donna che a Roma trascinava le sue sofferenze fisiche e mentali da una struttura d’accoglienza all’altra senza pace. Nella storia della donna nigeriana sono concentrati tutti gli elementi che caratterizzano la maggior parte degli abitanti del pianeta carcere: povertà, emarginazione, fragilità, dipendenze e malattia. Persone di cui ci importa poco e preferiamo sapere ben nascoste alla nostra vista. Ma pur sempre persone.